Il Ministero dell'interno, con decreto del 24 marzo 1994, n. 371 (GU n.137 del 14-6-1994) ha emanato il Regolamento di attuazione dell'art. 7, commi 2 e 3, della legge 21 febbraio 1990, n. 36, concernente la individuazione delle categorie di persone che, a causa della esposizione a rischio dipendente dall'attività svolta nell'ambito delle Amministrazioni della giustizia o della difesa, o nell'esercizio di compiti di pubblica sicurezza, sono esonerate dall'obbligo del pagamento della tassa di concessione governativa prevista per il rilascio della licenza di porto d'armi.

Il provvedimento, all’articolo 1 prevede espressamente che: “La licenza per il porto di armi prevista dall'art. 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, può essere concessa in esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa alle persone appartenenti ad una delle categorie sotto indicate che risultino esposte a grave rischio per l'incolumità personale a causa dell'attività di servizio prestata, sempre che sussistano gli altri requisiti e presupposti richiesti dalla legge”.

L’articolo 2 lettera b del decreto annovera tra le categorie privilegiate il personale delle forze di polizia di cui all'art. 16 della legge 1 aprile 1981, n. 121, cessato dal servizio, quando permane l'attualità e gravità dell'esposizione a rischio per cause dipendenti dal servizio prestato.

L’articolo 3, infine, che sia l'autorità competente al rilascio della licenza richiesta in esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa ad accertare l'attualità e gravità del rischio dipendente dall'attività svolta nell'esercizio dei compiti di pubblica sicurezza, precisando che quando si tratta di personale cessato dal servizio, si tiene conto dell'attività svolta negli ultimi cinque anni.

Una precisazione si impone rispetto a quest’ultimo assunto, nel senso che gli ultimi cinque anni di servizio rappresentano il periodo che deve essere preso a riferimento per valutare la qualità dell’attività svolta dal dipendente allo scopo di determinare l’attualità e la gravità del rischio.

In tal senso, ove il dipendente negli ultimi cinque anni di servizio fosse stato adibito a mansioni non operative e non foriere di esposizione non sussisterebbero gli estremi per il rilascio della licenza prevista dal decreto del 24 marzo 1994, n. 371.

Affermiamo ciò perché in alcune realtà territoriali emerge una prassi che delimita ai cinque anni dalla cessazione di servizio la sussistenza materiale del rischio.

Una interpretazione di questo genere è, a nostro avviso, decisamente errata. Occorre, inoltre, rappresentare, per quanto riguarda il pagamento dei relativi oneri fiscali, che il D.M. 29 marzo 1994, n. 371, all’art. 2, lett. b), prevede la possibilità della concessione della licenza di porto d’armi ex art. 42 T.U.L.P.S. in esenzione dal pagamento delle tasse di concessioni governative al personale delle forze di polizia (di cui all’art. 16 della legge n. 121/1981) cessato dal servizio - e che, quindi, non può disporre più dell’arma d’ordinanza per le esigenze di difesa personale - per il quale, comunque, la concessione del porto d’armi in argomento è subordinata alla concreta dimostrazione di un attuale bisogno di andare armato; in tale requisito ben può rientrare l’attività svolta negli ultimi cinque anni di servizio (art. 3, 1° e 2° comma, D.M. cit.).

Pertanto, per l’eventuale rilascio della licenza ex art. 42 T.U.L.P.S. agli appartenenti alle Forze di Polizia ancora in servizio, la vigente normativa non prevede alcuna esenzione dal pagamento della suddetta tassa (Circolare 30 aprile 2013 Ministero dell'Interno - ufficio per l’amministrazione generale n. 557/pas/10100.a(i)3 oggetto: licenze di porto d’anni per difesa personale agli appartenenti alle Forze di Polizia).

Roma, 13 febbraio 2016           La Segreteria Nazionale

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