Il Tfr avendo natura di retribuzione, seppure differita, deve essere pagato tempestivamente, solo così potendosi «configurare la sua adeguatezza e sufficienza».

Questa la decisione del Tribunale del Lavoro di Roma che, alcuni giorni fa, ha rilevato la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle norme che consentono all’istituto di previdenza di liquidare i trattamenti di fine rapporto per i dipendenti pubblici con 27 mesi di ritardo.

Si tratta di norme imposte dal governo Monti nell’emergenza del 2011, per far quadrare i conti dello Stato. Finita l’emergenza, tuttavia, la tagliola per gli statali è rimasta. Il tribunale di Roma, su ricorso di una dipendente del Ministero della Giustizia, che si è rivolta ai giudici per denunciare il«sequestro» da parte dell’Inps del la sua liquidazione ha ravvisato, nella evidenziata normativa, estremi di incostituzionalità e deciso di inviare gli atti alla Consulta.

Chiara l’indicazione delle toghe: «Una corresponsione dilazionata e rateale del trattamento di fine rapporto può essere disposta in via congiunturale e programmatica, comunque temporanea, con specifico riferimento alla gravità della situazione economica in un determinato periodo di crisi, e non in via generale, permanente e definitiva, come avvenuto nella normativa in esame».

A maggior ragione, osservano i giudici nell’ordinanza di rimessione all’Alta Corte, «se si considera che, notoriamente, il lavoratore sia pubblico che privato, specie se in età avanzata, in molti casi si propone, proprio attraverso l’integrale ed immediata percezione del trattamento, di recuperare una somma già spesa o in via di erogazione per le principali necessità di vita ovvero di fronteggiare in modo definitivo impegni finanziari già assunti, magari da tempo».

Ricordiamo che nel pubblico impiego Il TFR o TFS (per il comparto sicurezza) viene pagato in un’unica soluzione quando l’importo non supera i 50mila euro; in caso contrario l’erogazione avviene in due (se importo compreso tra i 50mila e i 100mila euro) o tre tranche annuali. Inoltre, la data del pagamento differisce anche in base motivazione che ha comportato la cessazione del rapporto di lavoro.

Secondo la normativa vigente, infatti, il dipendente pubblico ha diritto al TFR: • entro 105 giorni: se il rapporto di lavoro è cessato per inabilità o decesso; 

  • dopo 1 anno: se il rapporto di lavoro è cessato per il pensionamento e raggiungimento dei requisiti di servizio o età; 
  • dopo 2 anni: se il rapporto di lavoro è cessato per dimissioni volontarie, licenziamento o destituzione.

La palla passa, ora, alla Corte Costituzionale che, nelle prossime settimane, avrà l’onere di valutare la questione di incostituzionalità devoluta alla sua cognizione.

Solo dopo la pronuncia della Consulta, quindi, sapremo se i dipendenti pubblici torneranno a ricevere il TFR nei tempi adeguati.

Roma, 27 aprile 2018            La Segreteria Nazionale

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