Un collega ci scrive per chiederci chiarimenti in ordine alla possibilità di candidarsi alle prossime elezioni. L’esercizio dei diritti elettorali è tutelato dall’ordinamento sia attraverso norme di carattere generale.

Ma anche per mezzo di una disciplina specifica. Di seguito riportiamo una sintetica trattazione degli istituti di riferimento per l’elettorato passivo.

Aspettativa per campagna elettorale - L’istituto è disciplinato dall’articolo 81 della legge 1 aprile 1981 nr.121 il quale prevede, al secondo comma, che gli appartenenti alle forze di Polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative siano posti in aspettativa speciale, con assegni, dal momento dell’accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possano svolgere attività politica e di propaganda al di fuori dell’ambito dei rispettivi uffici e in abito civile.

La medesima norma stabilisce che gli stessi comunque non possano prestare servizio nell’ambito della circoscrizione nella quale si sono presentati come candidati alle elezioni per un periodo di tre anni dalla data delle elezioni stesse. Attesa la finalità di tale tipo di aspettativa che è quella di impedire l’espletamento delle funzioni di polizia da parte del poliziotto candidato alle elezione politiche o amministrative, il relativo provvedimento è adottato d’ufficio dal momento dell’accettazione della candidatura.

Occorre precisare che l’accettazione della candidatura è un atto tipico avente rilevanza giuridica il cui perfezionamento è disciplinato dalla legislazione in materia elettorale.

La durata dell’aspettativa è connessa alla durata della campagna elettorale, terminata la quale si esauriscono gli effetti del provvedimento autorizzativo. L’Ufficio che adotta il provvedimento è tenuto a comunicarlo tempestivamente al Competente Servizio della direzione Centrale del personale anche per l’eventuale adozione dei conseguenti provvedimenti di trasferimento ai sensi del sopracitato articolo 81 secondo comma legge nr. 121/1981 e dell’articolo 53, primo comma del D.P.R. 24.4.1982 nr. 335.

Aspettativa per mandato amministrativo - L’articolo 53 del D.P.R. 24.4.1982, nr. 335, al terzo comma, prevede che Il personale eletto a cariche amministrative sia collocato in aspettativa, a domanda, per tutta la durata del mandato amministrativo.

L’aspettativa è pertanto concessa sul presupposto dell’istanza del dipendente, corredata della documentazione attestante l’avvenuta elezione.

Il Consiglio di Stato con parere della Prima Sezione del 15 giugno 1994, ha precisato che la norma si applica anche a soggetti nominati assessori comunali o provinciali senza essere stati previamente eletti nei rispettivi consigli.

Circa il trattamento economico è da evidenziare che l’articolo 3 della legge 12 dicembre 1966 nr. 1078, testualmente richiamato dal sopracitato articolo 53 è stato abrogato dall’articolo 28 della legge 27 dicembre 1985 nr. 816 recante la nuova disciplina in tema di aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali.

Tale ultima legge ha introdotto per tutti i lavoratori il principio del collocamento a domanda in aspettativa non retribuita. Pertanto, al dipendente della Polizia di Stato collocato in aspettativa competono soltanto le eventuali indennità e i rimborsi previsti dalla sopracitata legge 816/1985.

Come precisato dall’articolo 53 del D.P.R. nr. 335/1982, i periodi di aspettativa sono considerati a tutti gli effetti come servizio effettivamente prestato. La Direzione Centrale del Personale ha recentemente emanato la circolare nr.333-G/Z.9-C.D. per risolvere il problema dell’onere per le assenze dal servizio dei poliziotti eletti quali amministratori in enti locali.

Nel richiamare quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 24 della legge 3 agosto 1999 nr. 265, premesso il contenuto del decreto legislativo 18 agosto 2000 nr. 267 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali ) che, all’articolo 80, ribadisce che l’ente locale, presso il quale vengono esercitate le funzioni pubbliche, deve rimborsare al datore di lavoro quanto corrisposto per retribuzioni e assicurazioni per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore, e considerato che la successiva normativa contenuta nella legge 26 febbraio 2001 nr. 26, pubblicata sulla G.U. del 1.3.2001, ha apportato modifiche all’articolo 80 del Decreto Legislativo 267/2000, in quanto con l’articolo 2 bis la possibilità di richiedere agli enti locali il rimborso degli oneri è stata limitata alle suddette assenze usufruite dai lavoratori dipendenti del settore privato o degli enti pubblici economici, la circolare chiarisce come in applicazione della suddetta normativa, l’onere per le assenze del personale della Polizia di Stato, dal 2 marzo 2001, non potrà più essere oggetto della richiesta di rimborso all’Ente presso il quale vengono esercitate le funzioni pubbliche.

Trasferimento d’ufficio - Ai sensi della disposizione contenuta nel secondo comma dell’articolo 53 del DPR 24 aprile 1982 nr. 335 chi si candida non può prestare servizio per tre anni nell’ambito della circoscrizione nella quale si è presentato come candidato e deve essere trasferito nella sede più vicina, compatibilmente con la qualifica rivestita.

Chi sia eletto non può prestare servizio nella circoscrizione di elezione per tutta la durata del mandato amministrativo o politico, e comunque, per un periodo non inferiore a tre anni, e deve essere trasferito nella sede più vicina, compatibilmente con la qualifica rivestita.

Il Consiglio di Stato con parere nr. 1271/1990 reso il 17 ottobre 1990, ha fornito la propria chiave di lettura della disposizione contenuta nel secondo comma dell’articolo 53 del DPR 24 aprile 1982 nr. 335 con particolare riferimento ai criteri cui attenersi per disporre i trasferimenti dei dipendenti candidati o eletti. Nel parere in questione è osservato che poiché l’organizzazione periferica dell’Amministrazione della P.S. si articola in uffici con competenza su ambiti territoriali regionali o interregionali, interprovinciali, provinciali, comunali o sub comunali, quando una disposizione fa riferimento al luogo ove il personale della P.S. presta servizio senza alcun’altra specificazione, è a tali articolazioni che si deve intendere la norma rinvii.

Pertanto, si dovrebbe procedere al trasferimento non solo quando il territorio del Comune sede dell’Ufficio coincida in tutto o in parte o, comunque, rientri nell’ambito della circoscrizione elettorale considerata, ma anche quando, a prescindere dalla collocazione geografica del comune sede dell’Ufficio, la competenza di quest’ultimo si estenda anche alla circoscrizione elettorale o a parte di essa.

È stato altresì evidenziato nel medesimo parere come tale interpretazione sia conforme alla ratio della norma in esame, che è quella di evitare ogni possibilità di interferenza tra attività politica ed attività di Polizia garantendo l’imparzialità di quest’ultima.

Lo stesso Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, con decisione nr. 1222 del 19 dicembre 1991, è intervenuto nuovamente in ordine alla medesima problematica, affermando che all’espressione “circoscrizione” non può darsi altro significato che quello elettorale previsto dalla varie leggi che disciplinano le elezioni politiche ed amministrative.

L’Amministrazione a seguito dei pareri (nr. 1271/90 e nr. 1122/91) resi dal Consiglio di Stato in merito ai criteri cui attenersi per disporre i trasferimenti in questione, ha emanato direttive con la circolare nr. 333.A/9801.G.D.8 del 6 aprile 1995.

Detta circolare prevede che ogni qualvolta un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ivi compresi gli Agenti ausiliari trattenuti, accetti la candidatura in occasione delle elezioni politiche o amministrative, ai fini dell’accertamento circa la sussistenza dei presupposti che impongono all’Amministrazione di disporne il trasferimento di sede, occorre che sia preso in considerazione, in primo luogo, l’ambito territoriale sul quale si estende la competenza dell’Ufficio ove l’interessato presta servizio, raffrontando detto ambito territoriale con quello della circoscrizione elettorale.

Per individuare l’esatto ambito della circoscrizione elettorale occorre far riferimento non al territorio nell’ambito del quale gli enti pubblici territoriali (comune, provincia, regione) esercitano le potestà ad essi spettanti, bensì alle ripartizioni del territorio di ciascun ente individuale ai fini dei procedimenti elettorali ovvero al territorio compreso nel collegio elettorale per il quale viene presentata la singola candidatura.

Tale criterio, oltre che per l’elezione dei consigli comunali, provinciali e regionali, dovrà ovviamente, ed a maggior ragione, trovare applicazione in occasione di candidature per elezioni politiche.

Pertanto, il dipendente candidato sarà trasferito ogni qualvolta il territorio del comune sede dell’ufficio coincida, in tutto o in parte e, comunque, rientri nell’ambito della circoscrizione (rectius: collegio) elettorale considerata, nonché quando, a prescindere dalla collocazione geografica del comune sede dell’Ufficio, la competenza di quest’ultimo si estenda anche alla circoscrizione territoriale elettorale o a parte di essa.

In riferimento ad alcune fattispecie che maggiormente hanno determinato incertezze e dubbi applicativi, la stessa circolare fornisce in via esemplificativa chiarimenti ed indicazioni: Nel caso di un dipendente in servizio presso una Questura, candidato in una circoscrizione (collegio) elettorale compresa nella medesima provincia, viene disposto il trasferimento fuori provincia oppure, ove possibile, in uno dei commissariati distaccati ubicati nella provincia, la cui circoscrizione, tuttavia, non coincida in tutto o in parte con quella elettorale.

Potrà, inoltre, sempre che ciò sia possibile, essere disposto il trasferimento ad ufficio ubicato nel medesimo capoluogo, ma che, trattandosi ad esempio di ufficio di specialità, non implichi incompatibilità con la circoscrizione elettorale in quanto in questa non siano operanti uffici della medesima specialità.

Per quanto concerne gli uffici privi di competenza territoriale o per i quali l’ambito territoriale ha un rilievo ai soli fini dell’organizzazione interna dell’Amministrazione quali, ad esempio, gli uffici del Dipartimento della pubblica Sicurezza, gli Ispettorati e gli Uffici Speciali di P.S., gli Istituti di istruzione, i Reparti volo, i Reparti Mobili ecc.., nel solco tracciato dal parere del Consiglio di Stato, nr. 1271/1990 la valutazione dell’eventuale incompatibilità, va effettuata riferendo l’ambito territoriale del collegio ove è avvenuta la candidatura al territorio del Comune in cui è ubicato l’Ufficio.

Negli ultimi anni, tuttavia, il Dipartimento aveva ritenuto che, non espletando tali uffici una attività operativa esterna” attraverso la quale sarebbe possibile acquisire il consenso dei cittadini elettori, presso di essi fosse possibile destinare dipendenti che si fossero candidati. Questa semplice prassi, non codificata in alcun atto normativo o regolamentare, né confermata in sede giurisprudenziale è stata oggetto di un’attenta riconsiderazione anche in considerazione del fatto che tale criterio non è supportato, a differenza di quello della “territorialità”, da regole certe ed univoche e rischia pertanto di ingenerare un’ingiustificata disparità di trattamento in quanto applicabile solo in quelle sedi ove siano ubicati uffici privi di rilevanza esterna con esclusione di quelle sedi (di norma medio-piccole) in cui sono presenti solo reparti “operativi” (Questura e Polizia stradale).

Per tali considerazioni la Direzione centrale per le risorse umane ha precisato che, per il futuro dovrà essere data stretta applicazione al criterio della “territorialità” secondo quanto stabilito dalla circolare del 1995, senza più operare eccezioni derivanti dalla “rilevanza operativa esterna dell’ufficio”, continuandosi ad applicare, in via eccezionale, a coloro che si sono candidati alle passate elezioni e le cui situazioni non si sono ancora definite il criterio sino ad ora seguito per evitare, afferma la nota, “ulteriori disparità rispetto ai casi già “definiti” e ricollegabili alla medesima tornata elettorale” (cfr. circolare nr. 557/RS/01.102/1235, del 2 aprile 2004).

Per quel che concerne gli uffici delle specialità, oltre ai criteri dell’accertamento dell’eventuale coincidenza geografica totale o parziale, tra competenza dell’Ufficio ed estensione territoriale del collegio elettorale, occorrerà altresì valutare se in tale collegio siano ubicati uffici della specialità cui appartiene il dipendente o se, nel caso di uffici della Polizia Stradale, si tratti di un territorio su cui effettivamente detti Uffici espletano i compiti ad essi demandati.

In ultimo, in risposta ad un quesito del SIULP la Direzione Centrale del Personale ha rappresentato che, in conformità alle disposizioni contenute nella circolare nr. 333.A/9801.G.D.8 del 6/4/95 con cui è stato illustrato l’ambito applicativo dell’articolo 53 del DPR nr. 335/1982, occorre verificare se l’ambito territoriale su cui si estende la competenza dell’ufficio ove il dipendente presta servizio coincida geograficamente in tutto o in parte con quello della circoscrizione elettorale per la quale viene presentata la candidatura, ovvero, come nel caso prospettato se il territorio del collegio elettorale per il quale viene presentata la candidatura rientri nella competenza territoriale dell’ufficio sede di servizio del dipendente.

Infine, poiché le Sezioni Polizia Stradale sono uffici con competenze in ambito territoriale coincidenti con quelli della provincia è stato riferito che nel caso in esame dovrà necessariamente essere disposto il trasferimento.

È previsto il trasferimento anche dall’Ufficio avente competenza sul territorio comunale nel caso di elezione ai consigli circoscrizionali.

I commissariati sezionali, diversamente da quelli distaccati, non potendo ritenersi uffici a competenza territoriale delimitata e costituendo articolazioni della Questura, soggiacciono alle medesime incompatibilità che caratterizzano la Questura.

Il dipendente interessato da un procedimento di trasferimento può far pervenire apposita istanza al Dipartimento con l’indicazione di una o più sedi gradite per il trasferimento.

Permessi per l’espletamento del mandato - Ove non si avvalesse dell’aspettativa il dipendente investito di una carica o di un mandato amministrativo sarà autorizzato ad assentarti dal servizio dal capo dell’Ufficio per il tempo necessario all’espletamento del mandato, con diritto oltre al trattamento economico ordinario anche agli assegni, alle indennità per servizi e funzioni a carattere speciale, ai compensi per speciali prestazioni ed al compenso per lavoro straordinario in relazione all’orario prestato ed ai servizi d’istituto effettivamente svolti.

Diritto all’avvicinamento per il lavoratore dipendente amministratore pubblico - È previsto dall’articolo 78 comma 6 del decreto legislativo 18 agosto 2000 nr. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”.

Tale disposizione normativa, dedicata ai doveri ed alla condizione giuridica dei Pubblici Amministratori, nel disporre che gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato, prevede espressamente che il lavoratore interessato possa richiedere l’avvicinamento per poter svolgere il mandato per il quale è stato eletto. Tale richiesta di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità.

Tale disposizione, in coordinamento con quella che prevede il trasferimento d’ufficio a seguito di elezione, prevede il diritto all’assegnazione ad una sede vicina, in modo tale da agevolare e comunque rendere possibile l’espletamento del mandato amministrativo.

Il diritto all’avvicinamento spetta anche agli amministratori dei consorzi previsti dall’articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000 nr. 267. Si tratta di quei consorzi costituiti dagli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114 dello stesso dlgs 267/2000.

Il trasferimento di sede per mandato politico non e’ un vero e proprio diritto soggettivo. Il principio è affermato dal Consiglio di Stato, Sez, IV, con la sentenza nr. 03865/2012 del 2 luglio 2012.

La questione di fatto ha riguardato l’impugnazione da parte del Ministero della Difesa, della sentenza con cui il TAR ha annullato il diniego di trasferimento temporaneo per l’esercizio “di funzioni politiche”, di un sottufficiale delle Forze Armate, nominato quale rappresentante del Comune presso un Consorzio riconosciuto. Il Ministero della Difesa lamentava l’erroneità della dichiarata insufficienza della motivazione del diniego, contrariamente a quanto affermato dal Giudice di primo grado. Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello annullando la sentenza del TAR e respingendo l’istanza di trasferimento.

Nella articolata motivazione della sentenza si legge che, in base all’articolo 78, comma 6° del decreto legislativo n. 267/2000, deve negarsi possa essere configurabile un vero e proprio diritto soggettivo del dipendente pubblico al trasferimento nella sede di svolgimento del proprio mandato presso un ente locale.

La norma, invero, prevede che l'assegnazione del dipendente da parte dell'Amministrazione datrice, avvenga nel rispetto del generale principio del bilanciamento degli interessi, assicurando sia il rispetto dei diritti soggettivi dell'art. 51, terzo comma, Cost., e sia le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, le quali devono essere concretamente valutate con riguardo all'interesse pubblico connesso con la prestazione del servizio pubblico (cfr. Consiglio Stato , sez. III, 11 gennaio 2011, n. 1638).

In ogni caso, l’interpretazione dell’Amministrazione, secondo il Consiglio di Stato appare nel caso concreto direttamente finalizzata ad evitare che, un sempre più ricorrente ricorso all’istituto in questione, finisca per risolversi in vero e proprio “abuso del diritto”.

Non è legittimo infatti piegare una norma di civiltà alle esigenze, del tutto personalistiche di chi, sfruttando le proprie relazioni parentali e partitiche, ricorre artatamente a questo meccanismo in danno delle legittime aspettative di avvicinamento ai luoghi di origine di coloro i quali, pur essendo in carriera da maggior tempo, finiscono per essere di fatto illegittimamente penalizzati.

Quanto alla interpretazione da dare al citato art. 78 comma 6 del T.U. 18 agosto 2000 n. 267, nella parte in cui impone che la domanda di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo debba “essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità…” il significato della disposizione va inteso in senso strettamente temporale, vale a dire come “esame senza ritardo” dell’istanza al fine sia di poter meglio valutare, all’attualità, la posizione dell’interessato nel quadro alle esigenze organizzative ed operative dell’amministrazione; e sia per evitare che chi ha fatto una domanda successiva scavalchi chi l’ha fatta in un momento antecedente.

L’alto Consesso conclude, dunque, per la legittimità del diniego di avvicinamento perché, nel caso di specie, l’incarico di rappresentante del Comune nell’ambito dell’Ente consortile di che trattasi, non giustificava affatto la presenza in loco del per l’intero anno solare. Lo Statuto del consorzio, infatti, prevedeva due riunioni nell’anno solare, e questo senza tener conto che sovente l’Assemblea (es. nel 2008) si era addirittura riunita una sola volta.

Roma, 4 febbraio 2013        La Segreteria Nazionale

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