Editoriale del Segretario Generale Felice Romano. Dopo ormai 9 anni dal blocco delle procedure contrattuali, iniziato con il famigerato decreto Brunetta e prorogato sino al governo Renzi, finalmente si sono riaperte le procedure per il rinnovo contrattuale.

Questa tornata contrattuale rispetto alle precedenti, anch'esse in verità quasi sempre arricchite di molti altri significati per la strumentalità di alcuni interpreti che partecipano al tavolo negoziale, si è presentata da subito sovraccarica di questioni estranee a ciò che il contratto rappresenta.

Molte infatti, sono le questioni che alcuni stanno ponendo e che poco o nulla hanno a che fare con le procedure che si devono celebrare. Procedure quasi liturgiche che, sostanzialmente, sono finalizzate alla ripartizione delle risorse disponibili ( che, come tutti sanno, sono state alimentate esclusivamente, almeno sino a questo anno, con la legge di stabilità); una ripartizione fatta in modo da salvaguardare sia il potere d'acquisto delle retribuzioni che per retribuire quelle prestazioni particolari (missioni, straordinario, servizi esterni, o.p. ecc. ecc.) individuate con l'accordo normativo e atte a garantire un sistema organizzativo più efficiente, indispensabile al funzionamento della macchina della sicurezza e della difesa del nostro Paese. Insieme alla parte economica questo contratto, per effetto della modifica apportata alle vecchie procedure, prevede anche la parte normativa poiché ormai la legge ha stabilito che tutti i contratti avranno valenza triennale sia per la parte economica che normativa (e non più biennale economica e quadriennale per la parte normativa come avveniva prima).

Con la parte normativa si vanno a migliorare o inserire istituti finalizzati a garantire i diritti dei lavoratori di polizia rispetto alla qualità della vita negli ambienti di lavoro, della tutela della salute e della famiglia. Questo, in sintesi è il contratto. Ma la modifica delle procedure non è l'unica novità. Con le riforme introdotte dall'esecutivo e la delega per il riordino delle carriere vi è stata un'altra importante novità. Abbiamo finalmente contrattualizzato la nostra dirigenza, creando la nuova area contrattuale, e con questo primo contratto si dovranno definire sia le risorse che occorrono, sia le voci che dovranno costituire materie di confronto.

Un risultato inseguito per decenni che consentirà anche ai colleghi dirigenti di poter essere protagonisti del loro futuro lavorativo attraverso la partecipazione diretta ai momenti di contrattazione e, quindi, dell'individuazione del modello con cui operare. Questi sono i nuovi contrattualizzati. Ma vediamo di capire da dove siamo partiti e dove potremmo andare.

Nonostante il blocco di 9 anni questo rinnovo, atteso il divieto di poter recuperare i periodi coperti dal blocco, si riferisce solo al triennio 2016/2018; le risorse stanziate, individuate nell'ambito di un progetto complessivo fatto con l'esecutivo e che ha portato già allo sblocco del tetto salariale e allo stanziamento delle risorse per il riordino delle carriera, prevede per la sua definizione circa 1200 milioni di euro a regime dal 2018, sia per la parte economica che normativa, e 150 milioni di euro, a regime dal 2020, per la specificità (la legge di stabilità ha previsto per la contrattazione 300 milioni per il 2016, 900 milioni per il 2017 e 1200 milioni a partire dal 2018, mentre per la specificità il finanziamento prevede 50 milioni per il 2018, 100 milioni per il 2019 e 150 milioni a partire dal 2020 appostati in un apposito fondo che dovrà essere ripartito con un DPCM e che, qualora sussistano le condizioni finanziarie e la volontà dell'esecutivo, può essere alimentato da ulteriori risorse in qualsiasi momento.

Questo ultimo aspetto è una vera novità che siamo riusciti a raggiungere e che potrebbe consentire al governo in carica o quello che si insedierà dopo le elezioni di poter aumentare i fondi per l'operatività e per la specificità ogni qualvolta lo ritiene e/o sussistono le condizioni). A tutto ciò va aggiunta un'altra questione.

La vigenza del contratto che dobbiamo definire scadrà il 31.12.2018. Giacché esso, dovendo coprire il triennio 2016/2018, alla fine dell'anno in corso terminerà la sua vigenza dando inizio alla nuova tornata contrattuale per il triennio 2019/2021. Ciò determina la possibilità, per chiunque non dovesse concordare sul contratto che si andrà a definire, di non firmare l'accordo poiché le conseguenze che ne derivano dalla mancata firma durerebbero solo sino a dicembre di quest'anno. Infatti, dal prossimo mese di gennaio aprendosi la nuova tornata contrattuale tutti coloro che sottoscriveranno il prossimo accordo rientreranno di diritto nelle procedure dell'ANQ, del fesi e di tutte le altre procedure che il contratto prevederà.

Da quanto appena detto emergono alcune questioni importanti e incontrovertibili che non possono non essere valutate in sede di decisione circa la sottoscrizione o meno del contratto.

La prima: le risorse appostate sono 1200 milioni e potranno essere alimentate solo con un'altra legge di stabilità. Questo vuol dire, in sintesi, che prima di gennaio 2019 non avremo nemmeno un centesimo in più rispetto a quello che abbiamo oggi. Ovviamente i nuovi finanziamenti potrebbero arrivare sempre a condizione che la finanza pubblica continui ad andare bene e che il governo in carica abbia la sensibilità e la volontà di voler assegnare ulteriori risorse ad un contratto che nel 2019 è già scaduto e che, quindi, dovranno essere reperite le risorse per il nuovo contratto relativo al triennio successivo (inutile sottolineare che una siffatta ipotesi pare più appartenere al libro dei sogni che ad una concreta per quanto remota possibilità).

La seconda: non si sottoscrive il contratto nella speranza che alla fine del corrente anno si possano concretizzare tutte le condizioni che abbiamo appena evidenziato. Ciò nella speranza che, a gennaio 2019 con la nuova legge di stabilità, potremmo avere delle risorse in più insieme a quelle che dovranno essere stanziate per il rinnovo del nuovo triennio successivo.

Questo però ci farà trovare nella condizione, quasi obbligata, di decidere la destinazione delle risorse con le procedure del nuovo contratto del triennio 2019/2021 piuttosto che con l'attuale procedura con il risultato di aver perso un'altra contrattazione oltre i nove anni del blocco e con il serio rischio che il valore della cifra raggiunta sia inferiore a quella che avrebbe avuto se i soldi li avessimo presi subito.

La terza: alla fine di quest'anno le condizioni economiche del Paese non migliorano, anzi peggiorano. In questa ipotesi ci troveremmo nella situazione di dover accettare un anno dopo le stesse somme che avremmo potuto mettere nelle tasche dei Colleghi già a decorrere dal mese di marzo 2018.

Il tutto, ovviamente sempre che non dovessimo trovarci di fronte a scenari assai più apocalittici a livello economico per effetto dei quali potremmo anche correre il rischio che i fondi stanziati vengano recuperati per una eventuale manovra correttiva. Ciò unirebbe la beffa al danno. Una vera e propria iattura che non troverebbe alcuna giustificazione con la totale, inevitabile e ferma condanna di tutti i Colleghi i quali, a distanza di un anno, e sempre che non ci siano scenari peggiori, vedrebbero attribuirsi gli stessi soldi che potevano avere un anno prima e con un potere di acquisto, ovviamente, minore.

La quarta: rebus sic stantibus, è evidente che non esiste un'altra possibilità, almeno nell'immediato e comunque prima del prossimo anno, di avere ulteriori risorse. E questo a prescindere dal colore politico del governo che sarà in carica anche dopo le elezioni.

Orbene, oltre alla questione economica che parte da un aumento medio pro-capite di 102 euro lordi a regime e cioè dal 2018 per la Polizia di Stato (mentre per la GdF di 104 euro e per i CC di 105 euro che dimostra quanto urgente e necessario fosse il riordino che ci consentirà di colmare questo gap rispetto alle altre Forze di polizia e alle Forze armate) ci sono anche i 150 milioni di euro per la specificità che ci consentirà di adeguare alcune indennità e di inserirne altre relativamente ai servizi di P.G., quelli relativi al controllo del territorio, di estendere anche per i Colleghi delle sale operative l'indennità per i servizi esterni, di prevedere il fondo per la polizza sanitaria nell'ottica del welfare aziendale, rivendicato con forza dal SIULP e dai Colleghi tutti, di migliorare le procedure per l'equo indennizzo e la pensione privilegiata, attraverso la previsione delle malattie professionali, o di migliorare la fruibilità di istituti quali l'aggregazione temporanea o quella sino ai tre anni di vita del bambino.

Così come la modifica delle procedure per l'accesso al rimborso delle spese legali in modo da rendere effettivo un diritto che oggi, per capziose e singolari interpretazioni dei burocrati di turno, troppe volte si è trasformato solo in una chimera. Tutte questioni che attendono da troppo tempo e che non possono più essere rimandate.

Le tabelle presentateci riportano un beneficio di 102,26 euro , somma raggiunta dalla percentuale di aumento stabilita nella misura del 3,48% come indicato nella relazione tecnica della legge di bilancio. La previsione totale contempla la corresponsione degli arretrati in virtù delle risorse stabilite con riferimento all’anno 2016 di 74 milioni di euro e con riferimento all’anno 2017 di 280 milioni di euro calcolati con gli indici di riferimento rispettivamente dello 0,36% e dell’1,09%.

Queste, volendo citare solo quelle più importanti, le ragioni che spingono chiunque agisca in nome dei propri rappresentati a ricercare ogni sforzo per trovare il miglior accordo possibile per poter rendere il prima possibile fruibile concretamente sia le risorse economiche che gli istituti normativi che questo contratto deve definire. A fianco di tutte queste questioni, vi sono i soggetti a contratto. Una categoria di persone, eteropilotate, le quali, incuranti delle reali esigenze di chi assumono di rappresentare e sopraffatti dai propri interessi, sostengono che non bisogna chiudere il contratto.

Perché è meglio rimandare in attesa di (improbabili) condizioni migliori che il prossimo anno potrebbe portare. E nel decantare questa logica, offendono chi si comporta in ossequio del mandato ricevuto dai propri rappresentati, si cimentano nelle più disparate performance cercando di far credere che mentre chi vuole chiudere lo fa solo per compiacere il governo in carica, loro lo fanno nell'interesse dei colleghi poiché, contrariamente a quanto dice lo stesso proverbio, è meglio rinunciare all'uovo certo di oggi con la speranza di avere un "pulcino" l'anno prossimo.

E nel solco della perfida logica propria di ogni abile mistificatore cercano, paradossalmente, di precostituirsi “alibi” o giustificazioni rispetto a scelte seppur figlie della coerenza e della responsabilità. Sono quelli che non perdono occasione per affermare con toni imperativi e categorici che firmeranno solo perché obbligati da una architettura normativa che, in caso diverso, ne penalizzerebbe la piena partecipazione alle fasi successive seppur consapevoli del fatto che il contratto in questione scade il 31 dicembre di quest’anno e che, di conseguenza, dal 1 gennaio del prossimo anno saremo chiamati ad una nuova tornata contrattuale per il triennio 2019/2021.

Tale circostanza consente, ovviamente, la piena agibilità anche a coloro i quali non ritengano di sottoscrivere l’attuale accordo. Il SIULP, che non teme di sottoporsi al vaglio del giudizio dei propri iscritti tant'è che mentre è impegnato sul tavolo contrattuale ha aperto e sta effettuando le operazioni congressuali per la scelta del nuovo quadro dirigente, crede che la categoria di quelli a contratto sia la meno credibile, se non altro per gli interessi personali che devono garantire e che sono, almeno temporalmente, in antitesi a quelli dei Colleghi che rappresentano, il contratto va chiuso il prima possibile nell'interesse della categoria.

Lo si deve fare per mettere subito i soldi in tasca ai colleghi, per migliorare gli istituti normativi che abbiamo richiamato, per introdurre quelli nuovi a garanzia della propria sicurezza e della salute, per quello della tutela legale reale e per altri due motivi. Tutti questi protagonisti dello schieramento del “no” alla chiusura del contratto perché reclamano più risorse erano tutti latitanti nel mese di dicembre quando, in parlamento, il SIULP, insieme a pochissimi altri lavorava alacremente per reperire tutte le risorse possibili da appostare sulla legge di stabilità per garantire la tornata contrattuale sapendo che quella era la sede in cui fare le battaglie per i soldi del contratto.

Giacché chiusa la legge di stabilità le nuove risorse potevano arrivare solo con la legge dell'anno dopo. Ma dove erano tutti questi movimentisti del “no al contratto” per l’insufficienza delle risorse quando dovevano battersi per averne di più? Forse a fare accordi con quelli che li tengono a contratto lasciandosi convincere dalle solite promesse elettorali? Il SIULP era là a cercare le risorse e a far passare la norma per creare la copertura economica a concretezza della specificità.

Una norma che ha previsto l'istituzione di un fondo che può essere alimentato in qualsiasi momento.

Ecco perché il SIULP nell'alveo della sua consueta tradizione di valori confederali siederà al tavolo nell'intento di trovare la condizione migliore per chiudere il contratto, prima possibile, rispetto agli obiettivi che abbiamo evidenziato con la consapevolezza che se domani il nuovo governo vorrà stanziare più risorse di quelle che attualmente abbiamo, ben venga.

Noi lo ringrazieremo e saremo pronti a lavorare h24 per investire anche quelle nuove risorse nell'interesse dei Colleghi e della tutela del potere di acquisto della loro retribuzione così come per migliorare la sicurezza per il Paese e per i cittadini. Tutto il resto è ressa partitica e autoconservazione.

A questi personaggi a contratto vogliamo dire: no grazie. Non siamo interessati né all'una né all'altro. Per questo è il momento della responsabilità e di lavorare nell’interesse dei propri rappresentati.

Roma, 25 gennaio 2018             La Segreteria Nazionale

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