Il principio è stato ribadito dal Consiglio Nazionale Forense con la decisione n. 334/19 R.G del 21 ottobre 2021.

La decisione riveste una grande importanza poiché, nonostante la presenza di rilevanti precedenti Giurisprudenziali, i Consigli dell’ordine territoriale rigettavano le richieste di iscrizione all’albo dei praticanti avvocati avanzati da appartenenti alle forze dell’ordine sul presupposto che l’appartenente alle forze dell’ordine ha il dovere di denunciare ai superiori e all’autorità̀ giudiziaria competente la notitia criminis e che tale dovere confligge con il dovere di segretezza, riservatezza e di fedeltà̀ cui sono invece sottoposti, come gli avvocati, i praticanti, anche non abilitati al patrocinio sostitutivo, e che tale conflitto non può essere eluso neppure dall’adozione di accorgimenti di fatto quale la individuazione di determinati settori o di casi preventivamente valutati dall’affidatario attorno ai quali circoscrivere la pratica forense.

Il ricorso è stato proposto da un dipendente della Polizia di Stato per l’annullamento del provvedimento di diniego di iscrizione dello stesso nel registro dei Praticanti Avvocati, emesso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Varese.

Il diniego era stato motivato con l’argomentazione che l’attività̀lavorativa svolta in seno alla Polizia di Stato- Specialità̀ Polizia Postale e delle Comunicazioni- costituisse motivo ostativo a causa del potenziale conflitto di interessi.

Il Consiglio ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento impugnato osservando che, al riguardo, la Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ. sez.un. 28170/200) ha ritenuto che le incompatibilità̀ di cui all’art. 3 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 non si applicano ai praticanti avvocati ammessi al patrocinio, che possono di conseguenza essere iscritti nell’apposito registro speciale anche se legati da un rapporto di lavoro con soggetti pubblici o privati, e ciò̀vale anche per gli appartenenti all’arma dei Carabinieri.

Con detta decisione, secondo il Consiglio, si è ritenuto che il rischio di un conflitto di appartenenza sia limitato e rimediabile con accorgimenti pratici, quale ad esempio la limitazione della pratica agli affari esenti da commistioni.

Ulteriore correttivo si ritiene possa essere individuato nell’esclusione del patrocinio sostitutivo.

Secondo il Consiglio, dunque, non sussistono motivi per discostarsi dalla giurisprudenza, con la quale è stato quindi riconosciuto che la pratica legale svolta da agenti o funzionari di P.S. mantenga una propria ragione anche se ad essi è preclusa la successiva iscrizione all’albo, poiché́ consente loro la possibilità̀di precostituirsi un titolo professionale futuro.

Roma, 4 febbraio 2022               La Segreteria Nazionale

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